Banca-Imprese : Alla ricerca dell’equilibrio

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Banca-Imprese: Alla ricerca dell’equilibrio

Buon giorno a tutti

Come potete leggere dal mio profilo sono specializzato in operazioni di ristrutturazioni aziendali e ri-finanziamento delle imprese.

Ho il piacere di pubblicare questo scritto come punto di inizio per condividere e confrontarmi con colleghi e e/o operatori economici  sulla tematica che sta alla base della mia attività, ovvero l’analisi delle leve finanziarie che governano i rapporti di indebitamento tra le aziende e le banche.

In base alla mia esperienza quindicennale in materia, l’elemento base dal quale si innesca il deterioramento dei rapporti banca/impresa è l’incapacità da parte di entrambe di comprendere in maniera prospettica l’andamento delle leve finanziarie.

Tale semplice realtà è causata, secondo il mio modesto parere, oltre ad un peggioramento delle performance aziendali causate da molteplici eventi, principalmente da un “errore” di calcolo del costo del denaro rispetto alla capacità aziendale di remunerarlo.

In parole povere si deve comprendere che l’azienda stessa è, sotto un profilo “finanziario”, un montante che cresce in base agli utili re-investiti nella società, che conseguentemente deve “contenere” (remunerare) il montante del debito (limitandoci solo a quello bancario) che cresce secondo delle equazioni finanziarie pre-stabilite alla stipula dei singoli contratti di erogazione/affidamento ( mutui, leasing, aperture di credito, anticipazioni, ecc.ecc).

In base a tale chiave di lettura, si comprenderà in maniera più intuitiva, come l’andamento del  montante azienda è più difficile da prevedere rispetto a quello bancario in quanto il primo è soggetto a plurime variabili ambientali ( inflazione, mercato di riferimento, concorrenza ecc.ecc.) mentre il secondo è fissato alla data di stipula del contratto.

Infatti il montante bancario è un equazione che cresce in base a tre principali variabili, ovvero debito, tasso di interesse e la forma tecnica del finanziamento (inclusiva della durata).

In base a tali variabili, si prevede l’andamento del montante bancario, che deve essere remunerato (contenuto) dal montante aziendale, mentre in caso contrario  ci troviamo di fronte all’incapacità della azienda ad onorare la propria esposizione, innescando spesso una spirale negativa che porta al deterioramento dei rapporti banca-impresa.

Fatta questa doverosa premessa, quali sono le equazioni di matematica finanziaria che governano il montante azienda ed il montante debito?

Esse sono basate sulla legge della capitalizzazione composta, ovvero basate sul famoso binomio di Newton, (1+i)^n (per i meno pratici della materia finanziaria si legge :  valore di uno sommato al tasso di interesse i elevato alla ennesima potenza), che in base ai valori del tasso di interesse ed ai valori di n (numero di capitalizzazioni) determina i fattori di crescita sia del capitale aziendale e sia del debito bancario.

Tralasciando temporaneamente la genesi del tasso di interesse bancario, che si forma attraverso un complesso sistema di criteri di valutazione ( il famoso rating bancario), passiamo individuare le equazioni sopra menzionate:

Montante Azienda :

 M= C(1+i)^n

Dove:

C è il totale attivo patrimoniale, ovvero il totale delle attività aziendali che generano utile.

I è il valore di accrescimento dell’azienda, ovvero il rapporto tra Utile ed il totale dell’attivo, che chiameremo in seguito r.

N è il numero di capitalizzazioni che governa l’equazione.

Quindi:

M= C(1+r)^n

Prima di analizzare e dettagliare ogni singolo elemento dell’equazione sopra descritta, bisogna evidenziare preliminarmente il fattore distintivo che differenzia l’equazione del montante azienda con il montante debito bancario, ovvero il valore che assumerà il tasso di accrescimento, ovvero r per la azienda ed i per la banca.

Per il montante debito bancario, nella forma tecnica di scoperto di conto corrente:

M= C(1+i)^n

 Dove:

C è il totale del capitale preso a prestito, che chiameremo D.

I è il tasso di interesse del finanziamento.

N è il numero di capitalizzazioni che governa l’equazione.

Che diverrà:

M= D(1+i)^n

Come abbiamo prima accennato l’elemento distintivo tra le due equazioni sopra descritte è il tasso di accrescimento, ovvero r per il montante aziendale ed i per quello bancario.

Infatti in matematica finanziaria il valore del tasso non è solo determinato dal valore “facciale” che gli si attribuisce (il famoso TAN -Tasso Annuale Nominale- nei contratti bancari) ma anche dal numero delle capitalizzazioni infra annuali che esso ha.

In base alle capitalizzazioni infra annuali otterremo il valore TAE (Tasso Annuale Effettivo) , che per i conti correnti assumeva dei valori legati alla capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari fino al 2017.

Evidenziato tale passaggio, possiamo affermare che per l’azienda il tasso r NON subisce capitalizzazioni infra annuali (il nostro utile viene portato a capitale solo uno volta l’anno), ovvero non subisce aumenti di valore artificiali, mentre le banche, in base alla tipologia di forma tecnica, possono capitalizzare anche 12 volte l’anno, (vedi rate mensili dei finanziamenti).

Questa differente metodologia di computazione degli interesse provoca una differente velocità di crescita tra i due montanti, motivo per il quale un banale errore di calcolo sul costo del denaro o una forma tecnica errata di finanziamento può portare l’azienda a non essere in grado di sostenere il debito bancario.

Ritengo che come prima “pubblicazione” sia sufficiente come introduzione degli argomenti da trattare, sperando di sollecitare un proficuo confronto con gli altri operatori economici.

Allegato. Gli interessi di rivalutazione: la scommessa sui tassi da parte della banca